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Milano

Cosa significa digitalizzare il Duomo di Milano?

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Parliamo spesso di tecnologia al singolare ma le applicazioni sono tantissime. Possono comportare investimenti audaci però consentono, come nel caso del Duomo di Milano, di facilitare i lavori di manutenzione e restauro del suoi 2 milioni mt3 e di implementare la nostra conoscenza della cattedrale più grande d’Italia.
Ringrazio 3DSurveyGroup del Politecnico di Milano per l’esperienza aumentata che sarà frutto di sorprendenti applicazioni e Living3D per la visita virtuale del museo che un giorno consentirà di far rivivere la storia di 6 secoli di costruzione.

Cristina: Grazie alle tecnologie, possiamo viaggiare nello spazio e nel tempo. Oggi visitiamo il Duomo di Milano e il tour inizia da casa. La digitalizzazione degli archivi consente di ripercorrere tutte le fasi della storia e della costruzione della cattedrale più grande d’Italia durata 600 anni. E con la Duomo Card, si può anche accedere a webinar e percorsi formativi. Ma adesso venite con me. Il lavoro qui non si è mai fermato. Adesso incontriamo l’Ingegner Canali, il 48esimo Architetto del Duomo, che si occupa del continuo restauro di questo fenomenale monumento. Buongiorno Ingegnere, che ruolo ha per voi la tecnologia?

Francesco Canali: Un ruolo fondamentale. Negli ultimi dieci anni abbiamo dedicato quasi, insieme al Politecnico di Milano, 30.000 ore di lavoro per avere dei 2 milioni di mt3 che sono il volume del Duomo, una rappresentazione con 60 miliardi di punti che ci consente di avere un’immagine digitale del Duomo stesso perfettamente sovrapponibile a quella reale con la quale organizzare tutto il sistema informativo. Puoi dare anche un’occhiata.

Cristina: Qui ho un menu. Qui vedo un ologramma della colonna. È fenomenale. Adesso appare la colonna in miniatura, più o meno di questa grandezza. Entro dentro al capitello e qui lo posso ingrandire. Però Ingegnere, immagino che come strumento consenta intanto di integrare 600 anni di archivio.

Francesco Canali: Si, anche perché è difficile consultarlo. Invece così, riferendolo a quello che si vede diventa immediato.

Cristina: È meraviglioso. L’esperienza aumentata è fenomenale. Certo che però quella fisica è impagabile.

Francesco Canali: Certo, poterci venire sul Duomo è sempre meglio. Un posto davvero bello. Poi con le giornate di bel tempo ancor di più.

Cristina: E il museo?

Francesco Canali: Il museo è chiuso, siamo in un periodo in cui non si può visitare. È proprio li sotto di noi, però basta avere un tablet e tutto diventa possibile.

Cristina: Siamo nel museo adesso, davanti al modellino del Duomo?

Francesco Canali: Eh no, lo chiamiamo “modellone”. Ed è l’equivalente della rappresentazione digitale che vedevamo prima però fatta nel XVI secolo. Il modello con il quale il Duomo è stato via via costruito e che, da ultimo, è stato usato per capire le giuste proporzioni della facciata principale. In legno di tiglio, è una riproduzione perfetta. L’immagine che abbiamo del “modellone” è un’anteprima del percorso di visita digitale di tutto quanto il Museo del Duomo che a breve sarà disponibile sul sito della Veneranda Fabbrica.

Cristina: E che sarà quindi un modo di preparare la visita ma porterà poi anche a diverse applicazioni?

Francesco Canali: L’insieme delle tecnologie digitali che abbiamo scorso velocemente oggi può far immaginare un corto circuito perfetto tra il passato, il presente e il futuro. E perché no, arrivare a immaginare anche di fare incontrare Gian Galeazzo, un suo ologramma, che spiega perché se ne stava in cima alla guglia Carelli.

Cristina: Che meraviglia, grazie mille. Queste tecnologie adempiono agli OBIETTIVI DI SVILUPPO SOSTENIBILE dell’ONU 4 educazione di qualità, 8 lavoro dignitoso, 9 industria innovazione e infrastrutture e 11 città e comunità sostenibili. Grazie ingegnere per questa meravigliosa esperienza. Occhio al futuro

In onda il 24-4-2021

effecorta, negozio sfuso

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Nel 2009 per Occhio allo Spreco, eravamo andati a Capannori, in provincia di Lucca, per raccontare una realtà pioniera – il negozio Effecorta, che vendeva prodotti locali e sfusi, ossia privi di imballaggi. Nei 10 anni trascorsi da allora, Effecorta ha aperto a Milano nel quartiere di Affori e abbiamo deciso di buttarci l’occhio.

Renato Plati, uno dei fondatori di Effecorta, dice che l’interesse al suo modello è tanto, le richieste sono addirittura quasi quotidiane e arrivano da tutta Italia. La filiera corta è importante, è nel nome stesso. Facilitano quello che è l’incontro tra il produttore e il consumatore alla ricerca un prodotto genuino e locale – il loro fulcro è l’acquisto diretto dai produttori, selezionati nel raggio di 70 km dal negozio. Alcuni prodotti, come l’olio e gli agrumi, arrivano dal centro e sud Italia, ma mantengono un rapporto diretto con chi li produce. Per Renato, filiera corta significa un solo passaggio dal produttore al consumatore finale.

“Al tempo del servizio abbiamo raggiunto oltre 400 contatti” ci racconta, “e abbiamo organizzato tanti seminari per cui le persone venivano, e potevano informasi sul modello. Pochi sono riusciti a trasformare l’idea in un negozio vero e proprio, la maggioranza si sono scontrate con la realtà economica. Quando ragioniamo su una configurazione di un negozio di 100-120 metri suggeriamo sempre un budget minimo dagli 80-100.000 euro, per far fronte a quelli che possono essere gli imprevisti dei primi anni. La possibilità di avere accesso al credito costituisce un fattore determinante per lo sviluppo e riteniamo che esistano molti bandi sia a livello regionale, che europeo e ci auspichiamo che venga fuori qualcosa anche per noi per quello che potrebbe essere lo spostamento in una zona più centrale, in uno o più punti. A Milano potremmo tranquillamente aprire in ogni zona. Un contributo all’affitto sarebbe ottimale perché è una delle voci spesa più pesanti.”

Speriamo presto di vedere negozi così in ogni quartiere.

Broken Nature – la Triennale di Paola Antonelli

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Paola Antonelli è la più grande fonte d’ispirazione per colmare il divario tra ciò che sappiamo e come viviamo. Broken Nature presenta una moltitudine di idee e soluzioni per diventare cittadini rigenerativi del nostro bel Pianeta. La speranza è che visitiate la Triennale tante volte, ma per chi non verrà a Milano entro l’1 settembre, brokennature.org è una fonte da consultare (anche per chi visiterà la mostra!). Grazie Paola per la tua visione e per la tenacia.

Cristina: Siamo alla Triennale di Milano, Broken Nature, un mostra internazionale e interdisciplinare che durerà fino al 1 di Settembre, che indaga il nostro rapporto con i sistemi naturali, la società umana, con il modo di vivere, produrre e consumare. É curata da una grande italiana, Paola Antonelli, che per l’occasione  è stata prestata dal MoMA di New York.  L’essenza di Broken Nature, cosa vuoi che gli spettatori si portino a casa?

Paola Antonelli: Vorrei che si portassero a casa il fatto che per essere responsabili, per vivere in modo sostenibile, per attivare questo atteggiamento ricostituente, non bisogna sacrificare l’estetica o il piacere, la sensualità o l’eleganza.

Cristina: Spesso gli individui si sentono troppo piccoli per poter avere un impatto. Tu come la vedi?

Paola: Non la vedo così, perché non possiamo contare soltanto sui governi, le istituzioni e arrenderci al nostro destino. Abbiamo un potere enorme che proviene anche dai social media, una persona poi diventa un gruppo, una tribù, una comunità e dopo di che se i governi vogliono avere qualsiasi efficacia devono seguire anche quello che vuole il pubblico.

Cristina: Qual’è il tempo ideale da trascorrere in questa mostra per tornare a casa veramente più nutriti?

Paola: Direi che almeno tre quarti d’ora, un’ora ce li devi mettere. Spero che tanti bambini vengano e che siano ispirati perché alla fin fine il design tra una quarantina di anni andrà come la fisica, ci sarà il design teorico e quello applicato e si trasmetteranno conoscenze a vicenda.

Cristina: E l’aspetto sociale come lo hai declinato?

Paola: Per esempio […] pensò a questo recupero di mais di speci che erano andate perdute e poi usare le barbe e la parte esterna della pannocchia per fare un’intarsio. Anche semplicemente quest’attività che il design può fare per recuperare cultura materiale che si è persa, c’è un grandissimo esempio anche di come si può utilizzare la comunità.

Cristina: Come definisci il designer del XXI secolo?

Paola: Tantissime possibilità di espressione. Per cominciare ci sono i mobili, ovviamente ci sono le auto, ci sono anche i materiali. Ci sono dei designer che progettano scenari o cercano di mostrarci quali potrebbero essere le conseguenze future delle nostre scelte di oggi. Ci sono designer di interfacce che sono per esempio lo schermo e l’interazione del bancomat. Ci sono designer che fanno bio-design, quindi si occupano anche di organismi viventi o progettano con organismi viventi. Neri Oxman e Mediated Matter Group stanno ispirando una generazione di designer che imparano a lavorare con la natura per fare oggetti ed edifici che crescono invece di essere disegnati dall’esterno. Skylar sta lavorando il governo delle Maldive per fermare l’erosione delle spiagge. Stanno tutti lavorando e avendo un grande impatto. Sono molto fiera di tutti.

Cristina: Grazie Paola. Non perdete Broken Nature.

In onda 6-4-2019

#FridaysForFuture – 15 Marzo 2019

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Capire l’impatto dell’ondata di proteste che dal 2000 sono aumentate in tutto il mondo, è essenziale per i politici, gli analisti e i media. Emerge uno scollamento tra il numero di cittadini globali che chiedono attenzione su questioni brucianti, quali i cambiamenti climatici e la capacità di comprenderne il significato da parte dei media e degli analisti.
Le proteste tendono ad assomigliarsi e ciò porta ad analogie semplicistiche. Sono eventi fotogenici che attirano naturalmente l’attenzione mediatica quando sono in corso. Ma l’attenzione svanisce rapidamente quando passano le proteste. La differenza tra #fridaysforfuture e gli altri scioperi, è la cadenza. Ogni venerdì aumenta il numero di partecipanti in tutto il mondo.

“Voglio che tu agisca come se la nostra casa fosse in fiamme. Perchè lo è.” – Greta Thunberg, Davos 2019

Cristina: Oggi è venerdì ed è lo sciopero per il clima, siamo in Largo Cairoli a Milano e pensate che le città registrate e i paesi registrati da lunedì a oggi sono più che raddoppiati. Il tutto parte da Greta Thunberg, una ragazzina svedese di 16 anni che in meno di sette mesi ha creato la movimentazione più grande della storia e ieri è stata candidata al Nobel per la pace.

Foto © Olivia Sala

Maria Grazia Mattei

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Ha intuito subito, tra i primi in Italia, l’impatto che avrebbe avuto il digitale. E subito si è messa in pole position: 12 anni fa ha dato vita a Meet the Media Guru, una serie di incontri, a Milano, con i protagonisti della rivoluzione digitale.

L’INTERVISTA A MARIA GRAZIA MATTEI SU THE GOOD LIFE ITALIA

The Good Life: Quale intuizione l’ha portata in prima linea?

Maria Grazia Mattei: Il mio ruolo è sempre stato quello…

TGL: …della miccia?

M.G.M.: Che bella definizione! Si. Quando ho sentito parlare per la prima volta di Facebook a Toronto nel 2004 ho capito che stava per accadere qualcosa di rivoluzionario. Nel 2005 ho pensato di cogliere questa trasformazione. Non con l’ennesimo convegno, ma in modalità 2.0. Ho creato un appuntamento culturale, trasversale, rivolto al grande pubblico, per indagare e stimolare i cambiamenti culturali e sociali di cui avevo intuito il potenziale negli Anni 80. Da una partecipazione iniziale di 2.000 persone, siamo arrivati a 60.000 senza budget per la pubblicità.

TGL: Qualche esperimento particolarmente riuscito?

M.G.M.: Nel 2005 nessuno faceva eventi dal vivo collegati online. Quando abbiamo lanciato il format di MtMG, abbiamo “abbattuto” le pareti delle sale che ci ospitavano. Con il livestream Mogulus facevamo una semplice regia video online, in bassa definizione. Man Mano ci siamo evoluti. Non c’era Twitter, avevo dei Blackberry che davo ai giornalisti e al pubblico invitandoli a mandare messaggi in diretta mentre seguivano l’evento… Ora stiamo indagando la contaminazione tra mondo reale e digitale, dall’infografica alla realtà virtuale e aumentata, per abbinare conversazione, narrazione e pratica.

TGL: In che modo il vostro lavoro contribuisce a far diventare Milano più smart?

M.G.M.: Abbattiamo i confini. nel 2005 faticavo a convincere i personaggi che invitavo a venire fino a Milano. MtMG ha contribuito a rendere la città meno provinciale, mettendo i milanesi a confronto con il pensiero e le pratiche internazionali, aprendo le menti oltre gli schemi abitudinari per percorrere nuove traiettorie.

TGL: Come vede la smart Milano futura?

M.G.M.: Una città dove la pubblica amministrazione offra i mezzi e le opportunità ai cittadini per vivere in maniera semplificata. C’è tanto da fare. Un città smart non ostenta la tecnologia, bensì lavora affinché i cittadini siano smart. Milano ha bisogno di accelerare la digital literacy. Da parte nostra stiamo creando uno spazio di interscambio dove, in maniera continuativa, i cittadini possano trovare gli strumenti per orientarsi nel mondo digitale: ci affiancheremo ad altre realtà per creare laboratori, workshop, mostre.